domenica 25 aprile 2010

INTERPELLANZA A RISPOSTA IN CONSIGLIO COMUNALE IN MERITO AL VIAGGIO DEL CENTRO GIOVANI DI ALBINEA PRESSO IL POPOLO SAHARAWI

Considerato che:

Oltre alla consueta partecipazione di ragazzi e ragazze albinetani al campo di lavoro “Jalla Gumu” nel periodo della vacanze natalizie, presso il campo tendato di Tindouf, in Algeria, il Comune di Albinea ha offerto ai ragazzi del Centro Giovani l’opportunità di recarsi al campo profughi anche in occasione delle vacanze pasquali
CONSIDERATO CHE:
Il viaggio ha avuto una durata di 10 giorni e i ragazzi hanno sostenuto un percorso di 5 incontri formativi
CONSIDERATO CHE:
All’interno del progetto era prevista la collaborazione con Telereggio e Marco Polo Expert per la realizzazione di un documentario audiovisivo sull’ esperienza dei ragazzi

SI RICHIEDE AL SINDACO ED ALLA GIUNTA:

A quanto ammontano i costi, riportati dettagliatamente (viaggio, contributi vari, collaborazioni con Telereggio, Marco Polo Expert) sostenuti e/o preventivati, che l’Amministrazione ha sostenuto ed andrà ad affrontare per il sostegno al viaggio del Centro Giovani.

CONVOCAZIONE CONSIGLIO COMUNALE 29.04.2010

29/04/2010 ORE 19.00

1. Comunicazioni del Sindaco;


2. Approvazione verbali sedute precedenti (C.C. del 11/01/2010 e C.C. del 22/03/2010);

3. Interrogazione presentata dal Consigliere Comunale Stefano Vacondio, capogruppo Lega Nord, in merito alle Politiche economiche del Comune;

4. Interpellanza presentata dal Consigliere Comunale Davide Ganapini, capogruppo PDL, in merito al viaggio del Centro Giovani di Albinea presso il popolo Saharawi;

5. Mozione presentata dai Consiglieri del Gruppo consiliare PDL per recesso unilaterale della convenzione stipulata il 10/12/2007 con l’ass. sportiva “ LE ORME” e per fruizione gratuita area addestramento cani via Dante Alighieri località il Poggio da parte di tutta la popolazione residente;

6. Approvazione rendiconto della gestione 2009;

7. Approvazione prima variazione bilancio-esercizio finanziario 2010, bilancio pluriennale e relazione previsionale e programmatica 2010-2012.

venerdì 23 aprile 2010

DIREZIONE NAZIONALE 22/04/2010

DIREZIONE PDL


DOCUMENTO CONCLUSIVO Roma, 22 aprile 2010



La Direzione Nazionale del Popolo della Libertà sottolinea la vittoria del Centrodestra nelle recenti elezioni regionali e amministrative, con un risultato storico: oggi 40 milioni di italiani sono governati a livello regionale dal Centrodestra, contro i 18 milioni amministrati dal centrosinistra.

Il Centrodestra si è confermato maggioranza nel Paese in modo inequivocabile e il Popolo della Libertà si è riaffermato come la prima grande forza politica nazionale: questo è vero al Nord dove il Popolo della Libertà ha agito in alleanza ma anche in competizione positiva con la Lega; ed è vero nel Centro-sud, dove ha dimostrato di possedere un forte radicamento territoriale.



Tutto ciò rende paradossali alcuni aspetti della polemica interna sviluppatasi in questi giorni: tensioni all’interno delle grandi forze politiche possono manifestarsi, ma è incomprensibile che vengano provocate all’indomani di una grande vittoria, dopo due anni di successi in tutte le consultazioni elettorali e dopo due anni di grandi risultati dell’azione di governo certificati dal costante consenso dei cittadini, unico caso in Europa, durante un periodo di grave crisi economica in contro tendenza rispetto alla sfiducia che ha colpito tutti gli altri governi.

Anche il confronto che si è svolto durante i lavori della Direzione ha rivelato come certe polemiche pubbliche fossero pretestuose e comunque non commisurate ad un dibattito responsabile e costruttivo.



Nei prossimi tre anni il governo, la maggioranza e il Popolo della Libertà completeranno la realizzazione del programma che ci impegna principalmente

1. a ridurre e a razionalizzare la spesa pubblica,

2. a realizzare una riforma del sistema fiscale con l’obiettivo di ridurre le tasse, compatibilmente con i vincoli di bilancio,

3. a sostenere le famiglie, il lavoro, le imprese,

4. a proseguire nella riforma e nella digitalizzazione della Pubblica amministrazione,

5. a realizzare un Piano per il Sud,

6. ad ammodernare e potenziare il sistema delle grandi infrastrutture,

7. a realizzare una riforma organica del sistema giudiziario,

8. a realizzare le riforme istituzionali, ivi compresa la modifica dei regolamenti parlamentari,

9. a proseguire nella lotta alla criminalità organizzata che ha già prodotto risultati mai raggiunti nella storia della Repubblica.



Siamo convinti che una forte ed autorevole leadership, quale quella assicurata dal Presidente Berlusconi, garantirà il raggiungimento di tutti questi obiettivi. La leadership forte è ormai un tratto caratteristico dei moderni sistemi politici e gli italiani certo non rimpiangono le leadership deboli e i governi instabili del passato. Del resto i risultati elettorali ne sono una conferma e la stabilità rafforza altresì il prestigio internazionale dell’Italia.





Una leadership forte non significa affatto rinunciare al dibattito libero e democratico che è anzi previsto dallo Statuto ed è testimoniato sia dalle innumerevoli iniziative politiche e culturali, dal grado di libertà che connota il dibattito interno nelle sedi delegate e nelle riunioni dei gruppi parlamentari, sia dall’esistenza di fondazioni, riviste, centri di riflessione e di elaborazione. Tutte le scelte politiche, anche quelle che hanno riguardato le candidature per le elezioni regionali e l’alleanza con altre formazioni politiche, sono state compiute dall’Ufficio di Presidenza attraverso un dibattito dei suoi trentasette componenti aperto e libero.



In un grande partito democratico si deve poter discutere di tutto, ma a due condizioni: che non si contraddica il programma elettorale votato dagli elettori e che, una volta assunta una decisione negli organi deputati, tutti si adeguino al risultato del voto.



Il Popolo della Libertà non può contravvenire ai principi di quella democrazia degli elettori che ha fortemente voluto e che impone che il patto stipulato con i cittadini al momento del voto sul programma sia vincolante. Rispetto a quel patto non sono possibili deroghe: come è stato ribadito anche a piazza San Giovanni lo scorso 20 marzo dal Popolo della Libertà.



Così come non sono possibili deroghe rispetto alla nostra Carta dei Valori che è la stessa della grande famiglia del Partito Popolare Europeo e che enuncia i nostri valori fondamentali che sono: la dignità della persona, la libertà e la responsabilità, l’eguaglianza, la giustizia, la legalità, la solidarietà e la sussidiarietà.



I temi che non rientrano nel programma elettorale e di governo possono essere invece oggetto di dibattito e di discussione nell’ambito degli organismi statutari. Non vi è nulla di negativo se in quella sede emergono opinioni diverse. Purché sia chiaro a tutti che il principio della democraticità del dibattito non esonera dalla responsabilità di assumere decisioni finali. E che una volta che tali decisioni siano state assunte, all’unanimità o a maggioranza, esse acquistano carattere vincolante per chiunque faccia parte del PdL, sia che le abbia condivise, sia che si sia espresso in dissenso.



In tal senso questa Direzione Nazionale dà mandato al Presidente e ai Coordinatori di assumere ogni iniziativa utile ad assicurare la realizzazione del programma e delle decisioni assunte dagli organi statutari, stabilendo il rispetto delle decisioni votate democraticamente.





Quando gli italiani che amano la libertà, che vogliono restare liberi, che non si riconoscono nella sinistra, si riunirono sotto un solo simbolo e una sola bandiera, scelsero che su quel simbolo e su quella bandiera ci fosse scritto “Popolo della Libertà” e non “Partito della libertà”.

Il riferimento al “popolo” deve quindi essere un principio costante dell’azione politica del Popolo della Libertà che deve sempre più radicarsi sul territorio e incardinarsi nella storia d’Italia. Non siamo un vecchio partito. Non vogliamo dividere ma unire. Siamo al servizio del popolo italiano e del suo bene comune. Le ambizioni dei singoli non possono prevalere sull’obiettivo di servire il popolo italiano.

Del pari le “correnti” o “componenti” negano la natura stessa del Popolo della Libertà ponendosi in contraddizione con il suo programma stipulato con gli elettori e con chi è stato dagli stessi elettori designato a realizzarlo attraverso il governo della Repubblica.



La Direzione Nazionale del Popolo della Libertà approva quindi le conclusioni politiche del Presidente Silvio Berlusconi e gli conferma il proprio pieno sostegno e la propria profonda gratitudine.

lunedì 19 aprile 2010

POPOLARI LIBERALI - RIFLESSIONI PER IL FUTURO DEL PDL

RIFLESSIONI PER IL FUTURO DEL PDL

firmatari del documento sotto riportato fra i quali compare anche il mio nome al numero 8

articolo Il Giornale 17 Aprile 2010

aricolo Il Resto del Carlino 17 Aprile 2010
Aprile 2010

I Popolari Liberali nel PdL rilevano con soddisfazione il positivo risultato ottenuto dal Popolo della Libertà e dall’intero centrodestra alle elezioni regionali 2010.

Sconfiggendo l’urto tremendo delle campagne denigratorie scatenategli contro, il PdL, grazie anche alla presenza determinante di Berlusconi, ha tenuto in modo eccellente e si è confermato il primo partito del paese con il 33,7% dei voti.

Dopo queste elezioni il centrodestra governa e amministra terrori abitati da 42 milioni di italiani contro i 18 del centrosinistra. La mappa dei governi regionali è stata completamente ribaltata: da 11-7 per il centrosinistra a 11- 9 per il centrodestra che avrà, inoltre, la maggioranza nella Conferenza Stato-Regioni.

Tale quadro post elettorale conferma ancora una volta la bontà della scelta dei Popolari Liberali di contribuire alla formazione e alla crescita del PdL. In questa vittoria, ancora una volta, il nostro specifico ruolo è stato significativo e determinante per consentire la vittoria in Regioni chiave.

Non c’è dubbio infatti che in Piemonte il tentativo culturalmente suicida dell’UDC di consentire la conferma della Bresso è fallito (l’UDC infatti ha perso 66.921 voti rispetto alle politiche di due anni fa) grazie anche all’impegno degli amici che hanno aderito ai Popolari Liberali, politicamente e numericamente decisivi per quel pugno di voti che ha risolto la sfida a favore di Cota (compresa la lista Scanderebech che ha ottenuto lo 0,6% dei voti, quando Cota ha vinto per lo 0,4%).

In questo contesto, come già rilevato in altre consultazioni, cresce il numero dei nostri amici eletti, nelle liste del PdL, nelle Assemblee legislative regionali, nei Consigli provinciali e comunali.

Ora si tratta di riprendere con forza e determinazione il cammino sia delle diverse e complesse riforme che il paese attende, sia della riorganizzazione democratica e del rilancio del PdL.

I Popolari Liberali intendono fermamente concorrere al radicamento sul territorio di un grande partito, democratico, interclassista, di ispirazione cristiana, alternativo alla sinistra, che esprime il consenso di più di un terzo degli italiani e che è iscritto fin da subito nella cultura politica del PPE.

Essi vogliono portare nel PdL la grande tradizione del popolarismo italiano ed europeo nonché la tradizione culturale e politica dei democratici-cristiani, da Sturzo ad Helmut Kohl, da De Gasperi fino ad Aznar. Il rinnovamento di tale tradizione dovrà fare del PdL il luogo di una nuova sintesi tra la cultura liberale del mercato e la cultura comunitaria della solidarietà.

Era doveroso e necessario uscire dalla polverosa disomogeneità del vecchio centro-destra per lanciarsi nell’avventura della costruzione di una nuova cultura politica, popolare e nazionale, dell'equilibrio possibile tra valori non negoziabili e interessi sociali, fra mercato, imprenditorialità e solidarietà, fra difesa dell’identità, del "progetto nazionale" e processo di globalizzazione, fra federalismo solidale e unità della nazione, fra le nazioni e l’Europa. E anche su queste sfide, checché ne dica qualcuno, il PdL non è sembrato al traino ma su alcune questioni delicate ha avuto addirittura una funzione di cordiale “civilizzazione” politica e istituzionale dell’alleata Lega.

Vogliamo, dunque, che nel PdL e anche nell’azione di governo, assumano sempre più, piena cittadinanza le categorie fondamentali dell'economia sociale di mercato, in un dialogo fra pensiero

liberale e dottrina sociale cristiana che è stata, e può ancora essere, in un tempo di crisi globale, fattore straordinario di sviluppo, di solidarietà e di crescita.

E’ insomma il momento propizio, per le forze della maggioranza ma anche dell’opposizione, per mettere in campo lo sforzo adeguato per riscoprire e ridefinire le “idee ricostruttive” della politica all’altezza delle brucianti ed inedite sfide del tempo di crisi presente.

Pensiamo onestamente che il PdL non si stia sottraendo a queste sfide ed anche che l’azione del governo nazionale pare si muova nella giusta direzione, per costruire faticosamente nella società italiana un nuovo patto sociale, un nuovo patto territoriale e un nuovo patto generazionale, orientati ed ispirati al bene comune della nazione per modificare il sistema politico, riformare e modernizzare il paese ed inaugurare così una nuova ed inedita stagione di “buona, politica “e di “buon governo”.

Prima delle elezioni ed in tempi non sospetti (ancor prima dei pronunciamenti dei vescovi italiani), avevamo più volte ribadito, in diverse prese di posizione pubbliche, che la politica, anche quella regionale, è e resta eticamente sensibile e che la biopolitica c’entrava, eccome, con le elezioni regionali. E la riprova eclatante di questo è giunta con le straordinarie vittorie della Polverini e di Cota e le clamorose sconfitte della Bonino e della Bresso.

Avevamo ragione quando avvertivamo che il consenso non si coagula solo, e soltanto, sugli importanti temi economici, ma anche sulle questioni che riguardano i limiti della vita e della morte, la procreazione in laboratorio, la tenuta della famiglia composta da un uomo e da una donna, la lotta a tutte le droghe e i dilemmi proposti dallo strapotere della tecnoscienza.

Proprio per queste ragioni le elezioni regionali assumevano un forte significato politico e le alleanze che si andavano a costruire per governare i territori richiedevano un rigore inflessibile e una forte omogeneità culturale prima ancora che politica.

Il PdL e la Lega hanno avuto questa intelligente e vincente sensibilità: l’UDC, purtroppo, no.

Le alleanze a geometria variabile, l’opportunistica politica dei “tre forni”, la demonizzazione isterica della Lega e la relativizzazione dei valori nella scelta dei candidati presidenti e delle alleanze, hanno provocato l’inevitabile tracollo della linea politica casiniana che gli elettori non hanno premiato.

L’UDC infatti, nelle 13 Regioni dove si è votato ottenne, per esempio, nelle politiche di appena due anni fa 1.500.133 voti, oggi, sempre nelle 13 Regioni, le liste UDC ne ottengono 1.249.426 e perdono 250.707 voti pari al 16,7%.

L’improbabile e patetico progetto di fermare la Lega al Nord e scardinare il bipolarismo di tipo europeo è fallito clamorosamente.

I Popolari–Liberali, a questo proposito, ritengono importante la riconferma del sistema bipolare che naturalmente può e deve essere migliorato e solo in questa prospettiva vedono con favore le aperture da parte di alcuni autorevoli esponenti del PdL, rivolte sulla stampa in questi ultimi giorni, nei confronti dell’UDC.

Ma questo forse non basta. Sulla questione delle alleanze è bene intendersi.

Ben vengano allora gli inviti ad aderire ed ad entrare nel PdL come sezione italiana del PPE, portando la propria identità e i propri valori e avendo anche la possibilità di partecipare direttamente al processo di costruzione democratico dal basso. Il PdL però non può rischiare, neanche per un attimo, di mettere invece in discussione l’idea sistemica di un grande soggetto popolare moderato e riformista a vocazione maggioritaria che è alleato stabilmente con la Lega, una forza regionale e identitaria, sul modello CDU/CSU.

Se invece si esce da tale prospettiva sistemica, riproponendo un vecchio film già visto, per rientrare nella vecchia logica “coalizionista” (una dozzina di alleati non omogenei, ognuno con la sua bandierina), allora sì che si andrebbe incontro all’inevitabile e definitivo suicidio del PdL.

Se in vista delle prossime politiche del 2013, per esempio, il PdL accettasse di considerare l’idea di avere al fianco alleati autonomi con il proprio simbolo, scomparirebbe non solo il PdL in quando vero e unico partito della Nazione, ma verrebbe confutata clamorosamente l’idea originaria e vincente di un grande partito popolare dei moderati e dei riformisti, unitario ed europeo e si comprometterebbe la governabilità del paese.

Verrebbe aperto così il gioco disastroso del “tana libera tutti”, perché se si assecondasse l’eventuale richiesta di alleanza dell’UDC (con simbolo autonomo), diventerebbe impossibile non assecondare anche le eventuali analoghe richieste dei diversi e numerosi soggetti già presenti oggi nel PdL.

I Popolari Liberali sono disponibili a concorrere, da subito, assieme a tutti gli amici del PdL, ad una seria, responsabile e approfondita riflessione su tali delicate questioni ed a partecipare attivamente sia al processo di rilancio programmatico dell’azione di governo sia a quello del radicamento territoriale ed alla costruzione democratica del PdL.

I Popolari- Liberali

nel PDL