RIFLESSIONI PER IL FUTURO DEL PDL
firmatari del documento sotto riportato fra i quali compare anche il mio nome al numero 8
articolo Il Giornale 17 Aprile 2010
aricolo Il Resto del Carlino 17 Aprile 2010
Aprile 2010
I Popolari Liberali nel PdL rilevano con soddisfazione il positivo risultato ottenuto dal Popolo della Libertà e dall’intero centrodestra alle elezioni regionali 2010.
Sconfiggendo l’urto tremendo delle campagne denigratorie scatenategli contro, il PdL, grazie anche alla presenza determinante di Berlusconi, ha tenuto in modo eccellente e si è confermato il primo partito del paese con il 33,7% dei voti.
Dopo queste elezioni il centrodestra governa e amministra terrori abitati da 42 milioni di italiani contro i 18 del centrosinistra. La mappa dei governi regionali è stata completamente ribaltata: da 11-7 per il centrosinistra a 11- 9 per il centrodestra che avrà, inoltre, la maggioranza nella Conferenza Stato-Regioni.
Tale quadro post elettorale conferma ancora una volta la bontà della scelta dei Popolari Liberali di contribuire alla formazione e alla crescita del PdL. In questa vittoria, ancora una volta, il nostro specifico ruolo è stato significativo e determinante per consentire la vittoria in Regioni chiave.
Non c’è dubbio infatti che in Piemonte il tentativo culturalmente suicida dell’UDC di consentire la conferma della Bresso è fallito (l’UDC infatti ha perso 66.921 voti rispetto alle politiche di due anni fa) grazie anche all’impegno degli amici che hanno aderito ai Popolari Liberali, politicamente e numericamente decisivi per quel pugno di voti che ha risolto la sfida a favore di Cota (compresa la lista Scanderebech che ha ottenuto lo 0,6% dei voti, quando Cota ha vinto per lo 0,4%).
In questo contesto, come già rilevato in altre consultazioni, cresce il numero dei nostri amici eletti, nelle liste del PdL, nelle Assemblee legislative regionali, nei Consigli provinciali e comunali.
Ora si tratta di riprendere con forza e determinazione il cammino sia delle diverse e complesse riforme che il paese attende, sia della riorganizzazione democratica e del rilancio del PdL.
I Popolari Liberali intendono fermamente concorrere al radicamento sul territorio di un grande partito, democratico, interclassista, di ispirazione cristiana, alternativo alla sinistra, che esprime il consenso di più di un terzo degli italiani e che è iscritto fin da subito nella cultura politica del PPE.
Essi vogliono portare nel PdL la grande tradizione del popolarismo italiano ed europeo nonché la tradizione culturale e politica dei democratici-cristiani, da Sturzo ad Helmut Kohl, da De Gasperi fino ad Aznar. Il rinnovamento di tale tradizione dovrà fare del PdL il luogo di una nuova sintesi tra la cultura liberale del mercato e la cultura comunitaria della solidarietà.
Era doveroso e necessario uscire dalla polverosa disomogeneità del vecchio centro-destra per lanciarsi nell’avventura della costruzione di una nuova cultura politica, popolare e nazionale, dell'equilibrio possibile tra valori non negoziabili e interessi sociali, fra mercato, imprenditorialità e solidarietà, fra difesa dell’identità, del "progetto nazionale" e processo di globalizzazione, fra federalismo solidale e unità della nazione, fra le nazioni e l’Europa. E anche su queste sfide, checché ne dica qualcuno, il PdL non è sembrato al traino ma su alcune questioni delicate ha avuto addirittura una funzione di cordiale “civilizzazione” politica e istituzionale dell’alleata Lega.
Vogliamo, dunque, che nel PdL e anche nell’azione di governo, assumano sempre più, piena cittadinanza le categorie fondamentali dell'economia sociale di mercato, in un dialogo fra pensiero
liberale e dottrina sociale cristiana che è stata, e può ancora essere, in un tempo di crisi globale, fattore straordinario di sviluppo, di solidarietà e di crescita.
E’ insomma il momento propizio, per le forze della maggioranza ma anche dell’opposizione, per mettere in campo lo sforzo adeguato per riscoprire e ridefinire le “idee ricostruttive” della politica all’altezza delle brucianti ed inedite sfide del tempo di crisi presente.
Pensiamo onestamente che il PdL non si stia sottraendo a queste sfide ed anche che l’azione del governo nazionale pare si muova nella giusta direzione, per costruire faticosamente nella società italiana un nuovo patto sociale, un nuovo patto territoriale e un nuovo patto generazionale, orientati ed ispirati al bene comune della nazione per modificare il sistema politico, riformare e modernizzare il paese ed inaugurare così una nuova ed inedita stagione di “buona, politica “e di “buon governo”.
Prima delle elezioni ed in tempi non sospetti (ancor prima dei pronunciamenti dei vescovi italiani), avevamo più volte ribadito, in diverse prese di posizione pubbliche, che la politica, anche quella regionale, è e resta eticamente sensibile e che la biopolitica c’entrava, eccome, con le elezioni regionali. E la riprova eclatante di questo è giunta con le straordinarie vittorie della Polverini e di Cota e le clamorose sconfitte della Bonino e della Bresso.
Avevamo ragione quando avvertivamo che il consenso non si coagula solo, e soltanto, sugli importanti temi economici, ma anche sulle questioni che riguardano i limiti della vita e della morte, la procreazione in laboratorio, la tenuta della famiglia composta da un uomo e da una donna, la lotta a tutte le droghe e i dilemmi proposti dallo strapotere della tecnoscienza.
Proprio per queste ragioni le elezioni regionali assumevano un forte significato politico e le alleanze che si andavano a costruire per governare i territori richiedevano un rigore inflessibile e una forte omogeneità culturale prima ancora che politica.
Il PdL e la Lega hanno avuto questa intelligente e vincente sensibilità: l’UDC, purtroppo, no.
Le alleanze a geometria variabile, l’opportunistica politica dei “tre forni”, la demonizzazione isterica della Lega e la relativizzazione dei valori nella scelta dei candidati presidenti e delle alleanze, hanno provocato l’inevitabile tracollo della linea politica casiniana che gli elettori non hanno premiato.
L’UDC infatti, nelle 13 Regioni dove si è votato ottenne, per esempio, nelle politiche di appena due anni fa 1.500.133 voti, oggi, sempre nelle 13 Regioni, le liste UDC ne ottengono 1.249.426 e perdono 250.707 voti pari al 16,7%.
L’improbabile e patetico progetto di fermare la Lega al Nord e scardinare il bipolarismo di tipo europeo è fallito clamorosamente.
I Popolari–Liberali, a questo proposito, ritengono importante la riconferma del sistema bipolare che naturalmente può e deve essere migliorato e solo in questa prospettiva vedono con favore le aperture da parte di alcuni autorevoli esponenti del PdL, rivolte sulla stampa in questi ultimi giorni, nei confronti dell’UDC.
Ma questo forse non basta. Sulla questione delle alleanze è bene intendersi.
Ben vengano allora gli inviti ad aderire ed ad entrare nel PdL come sezione italiana del PPE, portando la propria identità e i propri valori e avendo anche la possibilità di partecipare direttamente al processo di costruzione democratico dal basso. Il PdL però non può rischiare, neanche per un attimo, di mettere invece in discussione l’idea sistemica di un grande soggetto popolare moderato e riformista a vocazione maggioritaria che è alleato stabilmente con la Lega, una forza regionale e identitaria, sul modello CDU/CSU.
Se invece si esce da tale prospettiva sistemica, riproponendo un vecchio film già visto, per rientrare nella vecchia logica “coalizionista” (una dozzina di alleati non omogenei, ognuno con la sua bandierina), allora sì che si andrebbe incontro all’inevitabile e definitivo suicidio del PdL.
Se in vista delle prossime politiche del 2013, per esempio, il PdL accettasse di considerare l’idea di avere al fianco alleati autonomi con il proprio simbolo, scomparirebbe non solo il PdL in quando vero e unico partito della Nazione, ma verrebbe confutata clamorosamente l’idea originaria e vincente di un grande partito popolare dei moderati e dei riformisti, unitario ed europeo e si comprometterebbe la governabilità del paese.
Verrebbe aperto così il gioco disastroso del “tana libera tutti”, perché se si assecondasse l’eventuale richiesta di alleanza dell’UDC (con simbolo autonomo), diventerebbe impossibile non assecondare anche le eventuali analoghe richieste dei diversi e numerosi soggetti già presenti oggi nel PdL.
I Popolari Liberali sono disponibili a concorrere, da subito, assieme a tutti gli amici del PdL, ad una seria, responsabile e approfondita riflessione su tali delicate questioni ed a partecipare attivamente sia al processo di rilancio programmatico dell’azione di governo sia a quello del radicamento territoriale ed alla costruzione democratica del PdL.
I Popolari- Liberali
nel PDL
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